Enzo Barion

” [...] Privandoci di appigli fideistici o filosofici, la caduta segna l’inesorabile tragedia della fine dell’età delle illusioni, decretando metaforicamente la rinuncia ai piaceri dell’intelletto, il consapevole abbandono di stati di equilibrio invalidati dalla vertigine, irrimediabilmente perduti; la soluzione ripiega sull’uomo stesso, la salvezza è affidata alla res cogitans, a una dolorosa quanto necessaria crescita intellettuale. Ecco così i riferimenti alchemici di questi non-luoghi, le ricostruzioni di laboratori di scienze empiriche simili a quelli di santi rinascimentali dei quali l’artista riproduce la stessa astrazione temporale, la stessa mistica e nitida aulicità, impedendo un’ulteriore caduta verso gironi infernali ancora più bassi, un attimo prima che il tutto sconfini nel grottesco [...]“.

(da testo critico Enzo Barion | La caduta, a cura di Gaetano Salerno)